Lidia Menapace, 2003: proposta di un' Europa di pace, neutrale e disarmata

 


Lidia Menapace – Scritti del 2003 su una Europa neutrale –


LIDIA MENAPACE: PER UN’EUROPA DI PACE, NEUTRALE, DISARMATA, NONVIOLENTA

Da “La nonviolenza è in cammino” n. 671, settembre 2003.


Ho sempre avuto grande preoccupazione a proposito del futuro militare europeo e sulla cancellazione di fatto dell’art.11 della nostra Costituzione, dato che la Convenzione presieduta da Giscard d’Estaing non si poteva affatto considerare un soggetto neppure lontanamente affidabile sul diritto alla pace. Del resto neppure Prodi, pur da ascoltare quando critica le forme non federali e le procedure oligarchiche del trattato costituzionale europeo, quando si passa alla politica estera e militare sostiene che l’Europa deve avere un esercito e che promuovere la pace si fa anche con le armi: non si sa dove stiano questi potenti signori, del tutto alienati dal loro potere: ma se provassero ad aprire gli occhi e guardassero il Medio Oriente vedrebbero subito che le armi generano solo risposte violente e senza fine vanno alla distruzione.


D’altra parte non posso credere che se la futura costituzione europea dice una cosa, uno degli stati federati può deciderne un’altra, non per l’appunto sulle questioni ex-nazionali delegate: lo si vede già per le materie economiche. A questo punto si aggiunge un’altra preoccupazione e cioè che la delegazione italiana non tiene in nessun conto gli accordi unanimi sulla difesa e intangibilita’ dei primi 11 articoli della nostra Costituzione: non hanno nemmeno provato a difendere il primato del lavoro rispetto al mercato nè a far accettare un qualche rifiuto della guerra. Come si sa la pace viene indicata come un obiettivo da promuovere, cioè una buona intenzione, il ripudio della guerra è scomparso e non risulta che nessuno del nostro paese abbia mosso un dito in proposito.

Se le cose stanno pressappoco così, che cosa si può fare?

Certamente continuare a volere la pace e ad agire per conservarla preservarla promuoverla ecc.: ma il movimento che si è risvegliato in questi ultimi anni è molto legato anche ai risultati e non disposto solo ai no, che pure si debbono dire. Mi sono chiesta perciò se nella storia europea vi fossero radici antimilitariste e le ho trovate nella tradizione del movimento delle donne fin dal suffragismo, e del movimento operaio fin da prima della prima guerra mondiale. La prima guerra mondiale fu un terribile esame e prova di forza, che fu vinta dai militaristi e spacco’ in due il movimento operaio, il femminismo fu sfiorato solo in piccola parte, e anche il papa Benedetto XV rimase quasi solo, mentre le Chiese in generale furono sostenitrici dei vari eserciti. Il movimento operaio subi’ allora il suo più cocente e non rimediato insuccesso, quando – come disse Rosa Luxemburg – si dovettero vedere i due più organizzati proletariati d’Europa, quello tedesco e quello francese, “travestiti da militari spararsi addosso agli ordini delle rispettive borghesie nazionali”: fu persa l’anima internazionalista e le classi operaie furono “arruolate” al nazionalismo: basta ricordare che Mussolini fu interventista e Matteotti no. La tradizione antimilitarista neutralista e pacifista del movimento operaio si attenuo’ e ottenebro’ nel fascismo e nel nazionalsocialismo e anche – benché meno – nel “socialismo in un paese solo”; e la tragica protesta di papa Benedetto XV che defini’ la guerra “una inutile strage” resto’ senza seguito fino alla “Pacem in terris” di papa Giovanni.

Ma bisogna comunque ricordare che il movimento operaio e quello delle donne non chiesero mai, mai provocarono o dichiararono guerre. Furono per lo più neutralisti. E per ragioni profonde: prima di tutto dunque non è giusto esprimere opinioni superficiali dicendo che essere neutrali significa fregarsene di tutto e tutti: essere neutrali significa invece prendere posizione e agire nelle varie situazioni in tutti i modi tranne che con le armi. La Svezia, che è un paese neutrale (in Europa sono quattro: Svizzera, Svezia, Finlandia e Austria, e bisognera’ pur avere un’opinione su di loro, e qualche proposta), ad esempio, ospito’ circa diecimila disertori e renitenti Usa durante la guerra nel Vietnam; e uno degli ispettori delle Nazioni Unite che non trovarono le armi di distruzione di massa in Iraq è svedese. I paesi neutrali fanno spesso parte di operazioni diplomatiche e alle Nazioni Unite gioverebbe molto averne a disposizione molti e autorevoli.

 Ma dunque, oltre ad essere una componente importante della tradizione operaia e femminista, che cosa è la neutralità da un punto di vista giuridico? è la posizione di un soggetto politico (uno stato) che dichiara di rinunciare per sè all’uso della guerra, e di vincolarsi nei confronti della comunità internazionale a non fare politiche aggressive che possono sfociare nel conflitto armato, e di consentire alla comunità intrernazionale di intervenire nei propri confronti in caso di violazione degli impegni presi con censure, rottura di relazioni diplomatiche o commerciali, embargo ecc. A sua volta il territorio neutrale non ospita basi militari di nessuno, non consente passaggio di truppe a terra nè di aerei. All’inizio della guerra in Iraq infatti la piccola Austria non ebbe bisogno di far niente per non dare il passaggio alle truppe, treni e aerei Nato e Usa diretti magari verso Camp Derby: le basto’ far presente che è uno stato neutrale, e al Brennero non arrivo’ nemmeno un fucilino di latta.

Si dira’: ma i paesi neutrali hanno pure un esercito: certamente. E sono subito con chi presenta progetti in forma di legge costituzionale per il disarmo totale unilaterale e l’abolizione degli eserciti. Ma se non ci si impegna a questo livello (e non mi consta che vi siano proposte di questo tipo) con lotte tenaci e ben organizzate, con la formazione di una cultura politica radicalmente nonviolenta fino al diritto di recessione da qualsiasi spesa militare, insomma se non si chiede direttamente l’abolizione degli eserciti, la proposta della neutralità è la più equilibrata, realistica, moderata, gestibile sul piano del diritto internazionale e compatibile con una riconversione dell’economia di guerra in economia di pace. Nella proposta di neutralità attiva che la “Convenzione permanente di donne contro le guerre avanza per l’Europa diciamo anche che le risorse sottratte agli eserciti possono e debbono essere usate per programmi continentali di protezione civile, quantomai necessari dati i mutamenti del clima, di servizio civile dati i problemi di inserimento sociale ed economico delle giovani generazioni, e di addestramento generale alla difesa popolare nonviolenta. Si possono anche prendere in considerazione le politiche militari dei paesi neutrali e collocarsi al piano più basso a scendere, fino all’estinzione processuale degli eserciti. 

 Persino la Svizzera che è armata fino ai denti e ha una popolazione che può essere richiamata per difendere il territorio invaso in ogni momento e che si addestra alla difesa di ponti strade ecc per tutta la vita e ha a domicilio armi munizioni e vettovaglie per i casi di invasione (peraltro mai verificatisi in un numero ormai rilevantissimo di secoli) esclude qualsiasi ordigno nucleare, poichè sostiene giustamente che non si può gabellare per “difensiva” l’atomica. è un buon precedente per rifiutare in Italia il bombardiere atomico europeo Eurofighter, che viene fatto passare per “difensivo”, e per ospitare il quale si sono fatte a Grosseto piste allungate, abbattendo una scuola materna (un fatto altamente simbolico della gerarchia delle priorita’). Insomma se invece di fare risatine e scuotimenti di capo, si interloquisse sulla proposta ne verrebbero conseguenze importanti e il discorso pacifista uscirebbe da molte genericita’. Una Europa neutrale – ho appena bisogno di dirlo – sarebbe proprio ciò che serve alle Nazioni Unite per tornare ad essere una difesa del diritto e non succube della violenza militarista. –

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