Un' ipotesi da approfondire: La guerra fredda ha frenato la nonviolenza? Dopo l' 89 ci sono condizioni più favorevoli per il suo sviluppo?
L' assassinio di Gandhi nel 1948 è arrivato nel momento in cui iniziava a consolidarsi il confronto tra i paesi occidentali del capitalismo avanzato, guidati dagli USA, e i paesi del socialismo reale che ruotavano attorno all' Unione Sovietica. Una contrapposizione che è durata circa 40 anni ed è finita in modo assai rapido negli anni 1989-1990 quando i paesi dell' est Europa hanno preso strade diverse e non sono state più repubbliche socialiste governate dal solo partito comunista.
L' equilibro internazionale definito " guerra fredda " in quei decenni ha condizionato la politica dell' intero pianeta, compresa quella dei paesi non allineati, un gruppo di paesi guidati dall' egiziano Nasser e dall' indiano Nehru che avevano scelto di non allearsi ufficialmente con nessuno dei due blocchi esistenti.
La nuova situazione nata dalla seconda guerra mondiale ha condizionato, direi che ha proprio frenato, l' attività politica anche di chi faceva riferimento alla nonviolenza.
Aldo Capitini nel dicembre 1947 aveva aderito al Fronte Democratico Popolare nel tentativo di affiancare ai partiti della sinistra PCI e Psiup, il nome che aveva allora il Partito socialista, i suoi Cos, centri di orientamento sociale, assemblee popolari che il filosofo perugino aveva iniziato a lanciare in alcune città soprattutto dell' Italia centrale.
Ma Capitini non riuscì nel suo intento. I partiti non aiutarono l' esperimento, e ricordando quella delusione il filosofo antifascista e nonviolento criticò anche l' appiattimento di socialisti e comunisti sull' Unione Sovietica, e nello stesso tempo l' adesione acritica dei socialisti autonomisti, alleati poi della DC, alle politiche internazionali dei paesi occidentali, che in quel momento erano sempre coinvolti anche in situazioni di esplicito colonialismo.
Non c'era uno spazio per chi voleva essere indipendente dai due blocchi.
Ma dopo la fine della guerra fredda nel 1990 ci sono condizioni migliori per lo sviluppo della nonviolenza ?
Premetto che definire la nonviolenza è un tema controverso, io la intendo come l' eredità di quanto fatto e pensato da Gandhi e da altri grandi maestri, come Capitini e Tolstoi, con l' aggiunta dei nuovi studiosi più moderni come Galtung, Muller ed altri. Tutto questo arricchito nei decenni anche dall' impegno pratico di moltissimi amici della nonviolenza sconosciuti o poco noti.
Comunque la mia impressione è che SI, dopo l' 89 ci sono condizioni più favorevoli
che hanno consentito movimenti nonviolenti globali come quello dei social forum a inizio millennio e la brevissima stagione dei movimenti giovanili per il clima nel biennio 2018-2019. Condizioni che potrebbero agevolare in futuro grandi sviluppi in cui oggi non crede nessuno..
Il tema è però da discutere ed approfondire seriamente.
A che scopo ?
Dobbiamo farlo perché, se capiamo meglio le nuove opportunità, possiamo portare avanti con maggiore convinzione le idee e le prassi della nonviolenza. Aggiornarla alle situazioni nuove e migliorarla dove ha punti deboli o non ancora sviluppati a sufficienza.
Sarebbe utile anche arrivare alla conclusione opposta, cioè che non ci sono opportunità migliori rispetto al periodo della guerra fredda.
Questo giudizio sarebbe utile però solo se arrivasse dopo un esame serio delle diverse fasi storiche e non lo sarebbe se arrivasse senza una riflessione.
Questo mio scritto vuole porre oggi una domanda a chi è interessato alla nonviolenza, prossimamente presenterò degli argomenti a sostegno delle mie convinzioni o altre considerazioni che comunque ritengo utili a capire meglio.
Marco Palombo
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